Fabio Polenghi

Giustizia, non vendetta, per la morte di Fabio Polenghi

Elisabetta Polenghi, sorella del fotografo Fabio Polenghi, ucciso il 19 maggio 2010 durante la repressione delle forze di sicurezza thailandesi, ha fatto circa dieci viaggi a Bangkok anche se ne ha perso il conto. Ma quando si parla dei dettagli dell’omicidio di suo fratello la mattina del 19 maggio 2010 vicino all’incrocio Ratchaprasong, diventa ossessiva, pedante.

Sebbene i risultati della Corte Penale non si possano conoscere fino a fine maggio Isabella crede che, dopo le prove e le testimonianza, suo fratello Fabio fu ucciso da un cecchino delle Forze Armate. “Non voglio dire che lo hanno preso di mira. Ma probabilmente, probabilmente i soldati hanno avuto paura Volevano che la gente scappasse, liberasse la strada. Quando si invia l’esercito a fare ordine pubblico, si invia gente addestrata alla guerra. Quando invii l’esercito vuoi uccidere. E’ qualcosa che non va con la tua cultura politica.” dice la Polenghi prima di aggiungere che suo fratello, in cui fu lei a suscitare l’interesse per la fotografia, fu ucciso nel cuore dalle spalle. “Un colpo al cuore, uno che l’ha trapassato.” ha detto Isabella aggiungendo che questo in parte spiega la sua conclusione che suo fratello non fu la vittima di un proiettile casuale, ma di un singolo proiettile sparato da un cecchino. Ha aggiunto che quando degli uomini vicino provarono a salvare suo fratello furono sparati dei colpi per farli allontanare. La fotografa di moda milanese ha studiato tutti i video e i dettagli, le prove e le testimonianze che poteva trovare. La donna che ha confessato di aver rivisto i tre video degli incidenti centinaia di volte, delle volte dice di aver usato più occhiali per avere una visione migliore, tanta era la preoccupazione che la spinge a cercare la verità sulla morte di suo fratello.

 

Ha persino venduto il suo grande studio a Milano per spostarsi in uno più piccolo per riuscire a trovare i soldi necessari.
Il capo di stato dell’epoca, Abhisit Vejjajiva, non ha mai invitato Elisabetta Polenghi anche per esprimere le proprie condoglianze, una cosa che ovviamente la disturba.

“Se fossi al suo posto, non avrei mai mandato l’esercito nelle strade.” dice di Abhisit. Ma a dire che provi rancore, non è vero. “Vorrei che la morte di Fabio fosse qualcosa che cambiasse il sistema thailandese. Non voglio neanche sapere il nome di chi lo ha ucciso, non voglio che qualcuno sia ucciso solo perché ha ucciso mio fratello. Vorrei solo che la Thailandia fosse più responsabile e ci tenesse alla vita. Il rispetto della vita sarebbe il mio successo, una riforma.”

Riforma della cultura delle Forze armate e l’uso di polizia antisommossa invece di impiegare le truppe che sono addestrate ad uccidere, sono le speranze di Elisabetta Polenghi. “Mi dispiace per i soldati. Alcuni di loro sono stati anche uccisi. Ma cosa posso fare per cambiare la cultura delle forze armate affinché siano più responsabili per la vita? Nessuno dovrebbe mai essere ucciso” Nel 2010 Polenghi sapeva poco e si interessava poco della Thailandia, ma dopo tre anni di viaggi e di travagli in Thailandia, oggi Elisabetta dice di amare la Thailandia ed ha imparato abbastanza. “Sono innamorata della Thailandia”
Sua madre la pensa differentemente e si domanda come possa avere sua figlia una qualche buona volontà verso il paese che ha posto fine alla vita di suo figlio. “Credetemi, non lotto per la vendetta Dentro le foze armate ci sono persone che vorrebbero cambiare. So che fabio è morto con quella idea”. Ma nonostante il perdono e le parole magnanime, Elisabetta soffre ancora a quasi tre anni. E’ scoppiata a piangere nel mostrarmi i video degli ultimi momenti della vita di suo fratello. Ma non c’è nulla di vendicativo che esca da lei. Solo tristezza e preoccupazione per la Thailandia, per una vita tagliata per una sommossa politica in una lontana terra straniera

Oggi nel suo profilo di Twitter Elisabetta Polenghi si definisce attivista dei diritti umani e fotografa.